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Ho il respiro corto, cosa sbaglio?

Davide Cisotto • 13 maggio 2024

Iniziamo con il dire che quando parliamo di respiro è difficile attribuire l’errore al praticante e alle sue capacità.

Quante volte ti sei sentito/a affannato/a, con il respiro corto o completamente bloccato, in apnea, durante la pratica fisica?


Ti posso assicurare che non sei l’unico/a, anzi.


Negli ultimi 10 anni di insegnamento il 95% degli allievi che ho incontrato e seguito avevano lo stesso problema, completa assenza di propriocezione del respiro.


E si, tanti di questi allievi mi rispondevano alla stessa maniera:

  • “Sono anni che faccio respirazione”
  • “Ho praticato tante tecniche”


etc, etc…


Ma perché il nostro respiro è così complesso soprattutto da percepire?


Anche se abbiamo passato tanto tempo a praticare diverse tecniche yogiche?


Questo perché il nostro respiro dipende da tanti fattori che non sono direttamente controllabili in maniera volontaria tra cui:

  • Tensioni mio-fasciali, dei muscoli e dei tessuti fasciali
  • Tensioni derivanti da stati emotivi
  • Tensioni derivanti da stati mentali


Come studiamo a lezione dobbiamo imparare a capire che il diaframma toracico è un muscolo-tendine-membrana che è in grado di muoversi solo se tutte le strutture ad esso collegate gli lasciano la possibilità di muoversi.


Il diaframma non è un muscolo volontario, non decidiamo noi il suo diretto movimento.


Ricorda sempre questa frase: “Il diaframma deve essere lasciato libero di muoversi”.


Il diaframma è totalmente dipendente, per la sua funzionalità, dai muscoli e fasce che lo circondano; addirittura, grazie alla teoria delle catene muscolari sappiamo che contrazioni di muscoli, o strutture, molto lontani dal diaframma possono portare difficoltà motoria sull’organo principale del respiro.


Per questo pensare di sbagliare qualcosa nella nostra respirazione è una idea errata, non siamo noi che sbagliamo, semplicemente non siamo nelle condizioni fisiche, emotive e mentali giuste per riuscire a respirare correttamente.


Per questo, molto spesso, ci illudiamo di star respirando bene senza renderci conto di quanto sia alterato il nostro respiro in relazione al nostro stato emotivo e mentale.


Iniziare un percorso di miglioramento del respiro richiede una comprensione approfondita di come funziona il nostro sistema respiratorio, di quanto esso sia legato ai nostri stati emotivi e mentali e quali sono i passi necessari per sviluppare una respirazione consapevole e profonda.


Dobbiamo seguire un percorso che consiste in due step:


1.    Seguire un insegnante che sia in grado di guidarci nel migliorare la percezione del nostro respiro attuale.

Si la percezione.

La quasi totalità degli allievi provano a controllare il respiro tramite uno sforzo muscolare e questo non fa altro che peggiorare le cose… e come diceva un famoso spot: “la potenza è nulla senza controllo”.

Noi invece diremo “il controllo è nulla senza la percezione”.

Imparare a percepire il proprio respiro e tutte le sue piccole sfumature è il primo e più importante passo da compiere.

 

2.    Ripetere costantemente gli esercizi basilari.

La ripetizione è l’arma più potente a nostra disposizione.

È vero, sono noiosi ma posso assicurarti che risultano noiosi solo perché all’inizio non capisci ciò che stai facendo e alla mente sembra tutto inutile.

Ma ricordati che la mente, MENTE… quindi non ascoltarla e continua.

Come spiego sempre a lezione; Fidati del tuo corpo!

Si, perché lui sa come respirare correttamente, peccato che poi ci sia sempre la mente a metterci lo zampino, tramite il sistema nervoso le contrazioni vengono mantenute nel corpo fisico.

La mente crea preoccupazioni, rimorsi, riflessi emotivi continui e genera costantemente pensieri… tutto questo ha un risvolto sulle nostre emozioni e sul nostro corpo fisico generando tensioni che andranno a complicare la vita al nostro diaframma.

Quindi, ritorna al punto 1 e prova a capire perché è così importante.

In definitiva, cercando di forzare la mente a concentrarsi sul corpo e sulle reazioni ai movimenti legati al respiro, piano piano (grazie alla ripetizione), smetterà per qualche istante di generare tensioni e il respiro, come per magia, potrà svolgersi in maniera più naturale, senza alcuno sforzo muscolare.

 

3.    Una volta che la mente inizia a rallentare il suo continuo vorticare il respiro ti apparirà diverso, ma solo se continui ad ascoltarlo con attenzione.

Ritorna un’altra volta al punto 1. Fatti un piacere. La mente pensa sempre di aver capito ma non farti ingannare.

Solo nel momento in cui inizierai a percepire come e quanto il tuo respiro sia cambiato inizierai a comprendere come poterlo iniziare a controllare.

Benissimo, ma siamo solo all’inizio quindi non strafare.

Ora ritorna al puto 2. Ripeti e ripeti.

E più ripeti più sentirai cambiare il tuo respiro e più imparerai a controllarlo.

 

Spunto di riflessione finale: Il controllo arriva alla fine del percorso, tutto inizia dall’ascolto; quindi impara a sederti e ad educare la mente a restare concentrata sul respiro, a farsi guidare dal respiro.


Solo allora, con almeno un mesetto di pratica giornaliera, potremo iniziare a percepire un miglioramento del nostro respiro, e bastano solo 5 minuti al giorno.


Pensa che nel corso di formazione dedichiamo 8 ore solo alla teoria del respiro per poter comprendere in profondità tutte le relazioni ed i benefici che una corretta respirazione può portare al nostro sistema psico-fisico.


Puoi provare a sperimentare una nuova modalità di respirare e liberare diverse tensioni con semplici esercizi che come abbiamo detto sembrano banali, ma ciò che è banale spesso viene sottovalutato dalla nostra mente razionale.


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Saremo lieti di rispondere a tue eventuali domande in merito al percorso.



Continua a seguire le nostre mail per avere maggiori informazioni.

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Lo studio è stato recentemente pubblicato sul giornale Nature Scientific Reports e fa parte della tesi di dottorato di Vinje sull’argomento. Il battito del cuore ed il sonno promuovono il flusso Alcune sostanze di scarto si accumulano nel cervello a causa di disturbi cerebrali funzionali. Un esempio ben conosciuto è il betamiloide, il quale si accumula in forma di placche quando una persona ha la malattia di Alzheimer. Ma molto non è ancora compreso su come il cervello si sbarazzi dei prodotti di scarto. Nel 2013, tuttavia, alcune ricerche hanno scoperto che il liquido cerebrospinale gioca un ruolo nella pulizia del cervello. Esso fluisce nel cervello lungo i piccoli spazi attorno alle arterie e lava via il materiale di scarto attraverso il tessuto cerebrale stesso. “ Questo ha davvero attirato l’attenzione della gente ” afferma Vinje. Il modo in cui il fluido cerebrale fluisce può determinare quanto efficientemente i materiali di scarto possono venire eliminati. Il flusso è guidato dal battito cardiaco, tra le altre cose, perché le arterie del cervello si espandono ad ogni battito. Inoltre, ricerche precedenti suggeriscono che il flusso aumenta mentre dormiamo. Pressioni cerebrali misurate per un lungo periodo Vincje è stato nominato studente dell’anno in Ingegneria nel 2016 da Universum quando era uno studente presso la facoltà di matematica e scienze naturali dell’Università di Oslo. Il suo master era sui calcoli dei flussi di fluido nel cervello. Precedenti studi di risonanza magnetica hanno dimostrato che la respirazione può influenzare il flusso del liquido spinale. “ Ma questi studi sono stati limitati a brevi periodo di tempo, a causa dei limiti della tecnologia delle a risonanza magnetica ” afferma Vinje. Lui e suoi colleghi hanno avuto accesso alle misurazioni della pressione del cervello dei pazienti con idrocefalia, o acqua nel cervello, che erano al Rikshospitalet, all’ospedale universitario di Ulleval. Queste misurazioni vengono eseguite di routine per determinare quali pazienti necessitano di un intervento chirurgico. Il vantaggio, per le ricerche di Vinje, è che le letture della pressione si estendono per più di 15 ore. Respiro contro battito cardiaco Due sensori di pressione erano posizionati in differenti parti del cervello del paziente, dando 200 misure di pressione al secondo. Da queste misurazioni, Vinje e i suoi colleghi, furono in grado di calcolare il flusso del liquido cerebrospinale usando l’equazione di Navier-Stokes . Hanno calcolato poi la percentuale dei cambiamenti nel flusso dovuti alla respirazione in relazione ai battiti del cuore. Le misurazioni hanno mostrato che le pulsazioni di pressione sono tre volte maggiori per le pulsazioni cardiache rispetto al respiro. “ Sebbene i cicli delle pulsazioni di pressione siano dominati dalle pulsazioni del cuore, la velocità del fluido è tanto influenzata dal respiro che dal battito cardiaco. 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Ora prova a pensare, se tutto questo può accadere facendo fare dei semplicissimi esercizi respiratori (con risultati ben poco differenti tra persone normodotate e persone con patologie) immagina cosa può provocare all'interno del corpo umano una respirazione altamente allenata attraverso le tecniche di respirazione (pranayama) che lo Yoga ci insegna. Nei nostri corsi ( primo anno di formazione in 250 h che trovi in forma annuale e residenziale) analizziamo in maniera approfondita ogni pranayama in modo da poter prendere il controllo del nostro respiro che ci porta ad unire il mondo esterno con quello interno. Potete leggere l’articolo originale cliccando QUI
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